Dicono che in questa vita la cui caratteristica principale è la finitezza, solo le arti e la musica godano del dono dell'immortalità.
Portano con se nella scia degli anni l'idea di un'attimo, ma tutto il resto?
Parlano davvero del loro autore? La vita può essere ridotta a questo?
Ogni volta che ascolto Deandrè penso che avrei voluto conoscerlo gli avrei chiesto come mai le sue canzoni sono così belle e così tristi.
Conosciamo le opere di un genio e pensiamo che sia solo quello che ascoltiamo, vediamo e ammiriamo.
Ci resta solo quel frammento di immoralità, il resto, mortale, è gia dissolto.
C'era una stella che danzava e sotto quella sono nata.
W. Shakespeare
W. Shakespeare
venerdì 23 gennaio 2009
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3 commenti:
Marylù... Sono senza parole... :-(
:-) era solo una constatazione fabio, io ragiono spesso sulla morte e ascoltando deandrè mi sono messa a pensare a ciò che sarà quando non ci sarò, non essendo un'artista.. lo so.. non è un post molto gioioso..
l'argomento è a dir poco ricco, sfizioso e pure un po' inquietante
pensare che noi conosciamo il lato immortale, e quello mortale ci sfugge e ci incuriosisce. ma chissà se saremmo stati capaci di riconoscere il genio, nelle tante sere alle soglie del coma etilico di De Andrè, o nel colpo di fucile che ha messo fine alla vita di Kurt Cobain, o nell'overdose che ha troncato quella di Jim Morrison o di John Belushi... forse Hemingway per i cubani era solo un ricco yankee che adorava i cocktail al ron, e poi un altro e un altro ancora...
e poi come avrebbe scritto De Andrè senza il vino? come sarebbe uscito "Sergeant Pepper" dei Beatles senza Lsd?
è come se i geni dovessero abdicare alla loro vita mortale, gettandola via per lasciarci qualcosa di immortale...
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